Una volta provveduto a questo si passa alla dichiarazione di quale parte del filesystem si vuole rendere accessibile e con quali politiche di accesso. Per dichiarare quali directories esportare ai vari client bisogna configurare il file /etc/exports creando delle entries simili a queste:
/tftpboot 192.168.0.0/255.255.255.0(rw,no_root_squash) /usr 192.168.0.0/255.255.255.0(ro) /root 192.168.0.0/255.255.255.0(rw,no_root_squash) /home 192.168.0.0/255.255.255.0(rw,no_root_squash)
La prima colonna si riferisce al path della directory da esportare, si tenga presente che implicitamente si esportano anche le eventuali sotto directories. La seconda colonna definisce le politiche di accesso alla directories, ovvero chi sono gli host abilitati e con quali permessi. Per esempio nella seconda entry sopra riportata, si abilita l'accesso solamente alle macchine appartenenti alla subnet 192.168.0 in modalitá read-only, le possibili configurazioni sono molteplici.
Per stabilire le varie comunicazioni del server NFS con i client il demone si appoggia ad un altro servizio chiamato portmap. Il portmap é il demone che gestisce l'apertura e la chiusa delle porte di comunicazione dal client NFS al server NFS e viceversa. Esso funziona tramite le RPC ( Remote Procedure Call) quindi devono essere installati e resi operativi anche i servizi RPC.
In considerazione del fatto che le varie parti del filesystem del server espostate tramite NFS non servono solo a condividere dati ma anche a permettere il boot via rete dei nodi, bisogna creare un device chiamto /dev/nfs. Questo, sebbene sia un device, non serve ad interfacciarsi a nessun apparato hardware o software, ma serve solo ai client come informazioni su come accedere al proprio filesystem. Infatti il device /dev/nfs é passato, tramite il PXE, come parametro al kernel dei nodi.